Helvetios

PROLOGUE – PROLOGO        
        
Quando riporto la memoria a quegli anni vedo molte cose.        
La vita e la morte legate insieme,        
come le montagne e la valle in cui vivevamo.        
Ci furono ricchezza e benessere,        
ma anche tribolazioni e perdite.        
Ci furono gioie e canzoni, ma anche lacrime.        
Ma ancora più delle lacrime fu versato il sangue.        
E molti furono abbandonati alle loro misere tombe, insepolti.        
Per noi la morte era solo un altro viaggio.        
E insieme alla tenebra,        
attraverso la quale dovemmo passare, c’era anche la luce.        
La luce della vita e dell’immortalità.        
E dopotutto, quando riporto la memoria a quegli anni,        
ricordo soprattutto le canzoni.        
Cantavamo.        
Era come annegare nel suono delle spade che cozzavano.        
Come se le urla della guerra si dovessero placare.        
Perché la guerra aveva perso il suo significato.        
        
HELVETIOS – ELVETICI        
        
Sin dall’autunno, i venti portatori di vita        
soffiavano sulle fiamme, trasformandole in un incendio.        
In una brezza poderosa.        
Con la forza dei colpi di Succellus*,        
ad ogni impatto della mazza di Ogmios**        
e nell’epifania invincibile di Bricta***,        
un popolo sorse.        
Una tribù in pieno sviluppo.        
Perché noi siamo nati liberi!        
Siamo nati selvaggi!        
Perché noi siamo indomiti e coraggiosi!        
Perché noi siamo fuoco (e coraggio)!        
Perché noi siamo l’onda (di forza)        
e perché siamo la pietra (della tribù)!        
Siamo uniti! Siamo elvetici!        
Le nostre orecchie sono legate alla lingua degli déi.        
Seguiamo una sapienza antica        
e le risa che riempiono l’autunno.        
Beviamo dalla coppa della vita        
e dalla sorgente che non si prosciuga mai.        
Camminiamo nella luce del giorno.        
Ancora la ruota di Taranis° gira.        
La vita è messa in subbuglio dall’autunno.        
        
Note:    *(Dio Gaelico positivo)    
           **(Dio Gaelico dell’eloquenza)    
          ***(Dea Gaelica della guarigione)    
            °(Dio Gaelico del Tuono)    
        
LUXTOS – LUXTOS        
        
Al sorgere di una nuova alba crebbero i figli del sole        
per dimorare in un regno,        
maestosamente tempestato da un’immensa catena rocciosa.         
Tutti i laghi sono come santuari, sotto protezione del Nemeton.        
Tutte le foreste sono sacre,        
boschetti benedetti di una tribù invincibile.        
Una tribù regale e superba crebbe nella sua epoca dorata.        
In un’era di prosperità.        
In un’epoca di regni primordiali.        
Un’orda selvaggia.        
Un’armata imbattibile.        
Un popolo affascinante e coraggioso di genti indomite.        
        
HOME – CASA        
        
In questi tempi di allerta sogno ad occhi aperti un crimine innocuo.        
Come una pietra immobile è la mia mente.        
Vago per la terra in un cupo, desolante stato ipnotico.        
Agitato, inerme e pieno di vergogna,        
guardo la mia città dipinta di rosso        
e sarà qui che verserò le mie lacrime.        
Quel giorno, in questi luoghi, ho invocato i profumi della pioggia        
e ti ho protetta da loro. Se vuoi ti riporterò laggiù.        
Buona notte, amore mio!         
Lascia che ti guardi dormire da qui o dall’alto.        
Queste parole non lasceranno questi luoghi.        
Saranno impregnate delle tracce della nostra casa.        
La casa che loro hanno voluto conquistare.        
Ma nell’aria che respiro i sogni sono divini        
e i ricordi li porterò in un posto lontano da casa.        
La casa che hanno voluto chiamare provincia di Roma.        
Siamo stati imprigionati senza difese,        
in una condizione che non potevamo comprendere.        
Ma siamo ancora qui! Liberi!        
Aspetto che le nubi si diradino, ma è tutto inutile.        
La natura ci ha abbandonato.        
Un tempo era ammirata da tutti noi.        
Ora non si accorge che siamo spaventati?        
Spaventati di muoverci. Spaventati di svegliarci.        
Spaventati anche solo di essere ciò che eravamo.        
Ma ciò che importa siamo solo tu ed io e il sentiero che ci guida.        
Circondati dagli amici, la pressione si è fatta più intensa        
e, stordita dalle illusioni, la mia mente si è indebolita.        
Ma non ti lascerò sprofondare nell’abisso della disperazione.        
Non ti lascerò a riflettere, piena d’ansia, sulle cause.        
Il mio sorriso è istintivo, quando giro il volto verso il sole        
e ricomincio a far finta che non sia successo niente.        
Piango quando bacio il terreno        
e gli alberi che mi sono mancati sin dal principio.        
Le nostre canzoni risuoneranno e i ricordi prenderanno vita.        
        
SANTONIAN SHORES – LE COSTE SANTONIANE        
        
Abbiamo preparato i carri.        
Tutto è pronto. Non si torna più indietro!        
Il momento è arrivato troppo presto,        
come un pugnale nel mio cuore.        
Il crepuscolo si addensa oltre i tetti delle nostre case,        
preannuncio dell’imminente calare della notte.        
La fede ci precede nel buio.        
In questa notte i fuochi sono stati accesi        
e i campi vengono incendiati.        
Piove cenere dal cielo, con notturni sibili luminosi.        
Alle nostre spalle c’è la terra che conoscevamo.        
Lontane e indistinguibili sono le coste.        
Più avanti ci aspettano i rifugi, distanti dalle coste santoniane.        
Al sorgere del sole,        
mentre la bruma muggisce sulle terre,        
ancora siamo in marcia, in viaggio verso la speranza.        
Ancora mi attardo a guardarmi indietro, verso il mare in fiamme,        
dove giace in rovina il luogo che chiamavamo casa.        
Non rivedrò più quei posti.        
E’ un corteo che si distende quanto l’occhio può arrivare.        
Una lunga fila migratoria.        
Il bagliore di un sogno distante.        
Il risveglio è prossimo sotto il cielo stellato.        
Sogni del cuore.        
Passo dopo passo, ci siamo messi in viaggio nella notte.        
        
MEET THE ENEMY – ANDIAMO A INCONTRARE IL NEMICO        
        
Queste sono le infauste sponde del fiume Saone.        
Queste sono le rive dove la morte è stata liberata.        
Valore e onore sono stati privati del loro significato.        
Non recupereremo mai più l’innocenza.        
Nella cupa notte, le difese vengono brutalmente devastate        
e il Saone si riempie di sangue elvetico.        
Non stringerete la mano a questi montoni        
e piuttosto che diventare schiavi, morite!        
La libertà è sempre stato il nostro bene più prezioso.        
Abbiamo rischiato le nostre vite e affrontato i bugiardi.        
In questa notte nera come la morte, il nostro destino sarà rivelato.        
Andremo a affrontare il nemico e niente sarà mai più come prima.        
Queste sono le tumultuose sponde del fiume Saone.        
Queste sono le rive dove la morte è stata liberata.        
Abbiamo visto i veri volti dei generali romani.        
I simboli gorgonici sulle corazze.        
E’ stato come nel gioco dei Ladruncoli*,        
ma con le pedine fatte di carne e sangue.        
Valore e onore sono stati spogliati del loro significato.        
Il sangue sulle nostre mani rimarrà per sempre.        
Non era nostro destino finire sotto il giogo.        
Di questo i Romani sono testimoni.        
Non ci piegheremo mai!        
Andremo ad affrontare il nemico!        
Andremo ad affrontare i bugiardi!        
Andremo ad affrontare il nemico!        
(La canzone parla dell’incontro che gli elvetici ebbero con le legioni romane        
nel 58 prima di Cristo. Uno dei momenti cruciali della loro storia, coinciso        
con lo scoppio definitivo delle guerre galliche. La canzone è piuttosto        
ricca di rabbia e ira, per ben rappresentare lo spirito furioso).        
        
Note:    *(Gioco dell’antica Roma)    
        
NEVERLAND – TERRA DEL MAI        
        
Guardate!        
Guardate questa orgogliosa, ma mortificata carovana!        
Cadaveri impilati come fossero un’immensa fortezza.        
Le speranze del passato abbandonate. Morte e sepolte.        
Lacerata! La mia Terra del Mai è glorificata!        
Il mio Altro mondo è scivolato via insieme a tutto l’ottimismo.        
Un’altra alba fasulla collassa nel bagliore confortante della nostra casa,        
crollata a Bibracte*.        
Un’altra speranza pagata a caro prezzo,        
quando tutti noi fummo traditi alla fine del nostro esodo.        
Ricordate l’oltraggioso affronto, quando abbiamo rifiutato di piegarci?        
Il nostro stesso dannato sangue è stato il prezzo da pagare.        
E le terre santoniane che non avremo più rivisto.        
Lacerata! La mia Terra del Mai è stata devastata!        
Accadde quando il nemico prese a marciare.        
        
Note:    *(Antica città Gaelica)    
        
A ROSE FOR EPONA* – UNA ROSA PER EPONA        
        
Sentite le spine?        
Vedete le lacrime?        
Vi accorgete del sangue versato in questa guerra rovinosa?        
Ci avete abbandonato?        
Avete dimenticato i nostri uomini fiduciosi che vi chiamavano per nome?        
Mentre ero davanti a voi e mentre morivamo.        
Mentre lasciavo cadere una rosa rossa        
e le mani con cui ci tenevamo venivano separate.        
Mentre la speranza si arenava, come quella di un condannato a morte,        
voi dove eravate?        
Il cielo mi crolla addosso.        
Le vostre mani diventano vecchie e deboli.        
Ho dato la mia vita per voi!        
E’ stato un inutile sacrificio che è andato in malora.        
Nel vostro Nemeton, queste mura di pietra grigia        
sono diventate fredde e silenziose come i morti.        
La Madre è divenuta sorda, ormai dama di speranze infrante        
e di sogni per sempre irrealizzati.        
Epona, perché mi hai abbandonato?        
Insieme ce ne andremo silenziosi.        
Alle tue mani avevo affidato il mio spirito.        
Ora insieme andremo in rovina con le nostre genti.        
        
Note:    *(Dea Gaelica dei cavalli)    
        
HAVOC – CAOS        
        
Mi chiedo come sarebbe attaccare di notte        
e radere al suolo le difese.        
Le invasioni e le sortite non sono altro che fottute spedizioni punitive.        
Come un fuoco selvaggio, la devastazione si diffonde in tutte le Gallie.        
Dall’Elvezia all’Eburonia, i generali sono insaziabili.        
Caos! Penso al passato. Rovina!        
E’ un ‘illusione di massa. Come ha potuto essere così devastante?        
Le nostre menti assonnate non erano pronte per tutto questo.        
Narbonensis non era abbastanza!        
L’impero voleva di più!        
Dall’Aremorica alla Carnuzia,        
solo piaghe e una terra devastata dalla guerra.        
Una guerra che inflisse alle Gallie una rovina preordinata.        
La nube nera dell’imperiale rapacità si era scatenata.        
Le necessità dell’impero vennero soddisfatte        
al sanguinoso prezzo delle nostre tribù.        
Invasione, sortite e atrocità di guerra nel nome del S.P.Q.R.        
        
THE UPRISING – L’INSURREZIONE        
        
Le nostre case sono sotto attacco!        
Gli abitanti sono preda di saccheggi.        
Come possiamo starcene a guardare?        
Quanto possiamo resistere in questa passività?        
Rifiutiamoci di ricacciare indietro la rabbia!        
E’ venuto il momento di impugnare le armi!        
E’ l’ultima occasione per reagire.        
Scuotetevi!        
E’ l’ultimo barlume di speranza.        
Vi alleerete con noi?        
Sveglia! Aprite gli occhi!        
Parlateci e abbracciate questa grandiosa impresa.        
Ci siamo persi nei nostri conflitti,        
mentre i predatori, senza opposizione,        
mettevano gli artigli sulle terre libere di Gallia.        
Dobbiamo fermarli!        
Dobbiamo unire le tribù e insorgere!        
Guardatevi intorno        
e cercate di capire che il momento è favorevole!        
E’ l’ultima occasione per reagire!        
Le nostre terre sono sotto attacco.        
Gli abitanti sono preda di saccheggi.        
Come possiamo starcene a guardare?        
Quanto possiamo resistere in questa passività?        
E’ tempo di unire le forze!        
Che le aquile si schiantino contro i nostri scudi!        
Unitevi! La Gallia insorge!        
        
THE SIEGE – L’ASSEDIO        
        
Ci siamo lasciati alle spalle una terra devastata.        
Una nuda terra di cenere.        
La nostra patria è distrutta.        
Che il vuoto sia il nostro fottuto epitaffio        
in questa alba plumbea. In questa infausta tristezza.        
Le pile* si profilano all’orizzonte come artigli di lupo,        
a formare legioni immobili ai cancelli di Avarico**.        
Si crede invulnerabile questo muro (umano),        
ma è diretto verso il nulla.        
Davanti ai nostri occhi si leva questa disgraziata alba degli déi.        
Così Avarico brucia, sotto un cielo morente.        
Avarico affonda nel sangue e nella sconfitta.        
Le torri d’assedio s’innalzano, come emerse dal terreno        
e si ergono verso i cieli minacciosi, come a dimostrare la loro audacia.        
Faccia a faccia con il nemico, i romani serrano i ranghi,        
pronti ad attaccare i nostri possedimenti.        
Noi siamo isolati, presi in mezzo, quando il massacro sta per iniziare        
e il cigolare degli argani segna il nostro destino funesto.        
In Avarico avviene la strage.        
I morti ricoprono l’Oppidum***,        
abbandonata al saccheggio, alla depredazione e alle violenze.        
Avarico la coraggiosa divenne così Avarico la tomba.        
        
Note:    *(Giavellotti dei romani)    
           **(Città gallica)    
          ***(Città fortificata)    
        
ALESIA – ALESIA        
        
L’erba era verde come sempre in quel giorno sinistro.        
I corvi gracchiavano come sempre in quel giorno spettrale.        
Attraversammo la grande porta per l’ultima volta.        
Io non mi guardai indietro. Sapevo che saremmo rimasti lì.        
Sapevo che loro non ci avrebbero lasciati scappare        
dai sentieri della morte.        
Potevo vedere nei loro occhi, paura e (presagi di) schiavitù.        
Tutta la sofferenza per il peso opprimente.        
Alesia! Alisiani!        
Risvegliatemi quando sarà finita!        
Ianotouta, che l’eternità proclami il nostro crudo sacrificio!        
In quelle terre amammo la vita e abbracciammo la morte,        
mentre i pianti dei bambini si affievolivano.        
I singhiozzi cedettero alla quiete del lutto.        
L’erba era verde come sempre in quel giorno sinistro.        
Noi percorrevamo le vie come avevamo sempre fatto,        
ma sapevo che (questa volta) eravamo smarriti.        
Fuori da Alesia offrimmo un sacrificio vivente.        
Fuori dalle porte di Alesia le nostre lacrime riuscirono ad asciugarsi.        
        
TULLIANUM – TULLIANUM        
        
E così finì tutto,        
appeso a un cappio!        
Volate corvi, volate!        
        
UXELLODUNON – UXELLODUNON        
        
Questa è l’ultima resistenza.        
Questa è l’ultima rivolta.        
Con la speranza allo stremo,        
con gli occhi offuscati dalle lacrime        
e la mente distorta dall’ira,        
prendemmo le armi un’ultima volta.        
Uxellodunon, l’ultima resistenza!        
Un manifesto di libertà!        
Non dimenticheremo mai le cose che abbiamo visto.        
Le morti che abbiamo sofferto e le lacrime che abbiamo versato.        
Non abbiamo di che pentirci.        
Ci siamo difesi        
e mostreremo le nostre amputazioni con orgoglio.        
Non moriremo mai!        
I nostri monconi sono segni di grandezza.        
La terra può anche essere conquistata,        
ma la dignità è inespugnabile.        
Uxellodunon, fortezza di uomini liberi!        
Bagliore splendente di indomabilità!        
Si è fatta testimone della libertà.        
Testimone dei nostri nomi,        
poiché mai ci risolleveremo dalle ceneri e dalle nostre tombe.        
Ma gli eredi dell’autunno torneranno alla vita.        
        
EPILOGUE – EPILOGO        
        
Quando ricordo quegli anni di tribolazione,        
ricordo soprattutto le nostre canzoni.        
Siamo morti e abbiamo versato il sangue sui campi di battaglia.        
Ma le nostre canzoni sono sopravvissute,        
insieme a quelli di noi che hanno fatto ritorno.        
E mentre anche loro un giorno moriranno,        
le nostre canzoni sopravviveranno ancora        
e saranno intonate dai nostri figli e dai figli dei nostri figli.        
Ecco come verremo ricordati!        
Questo è ciò che siamo.        
Elvetici!        
        

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