Transience

TRANSIENCE – CADUCITA’

Visioni confortanti e a noi care ci avvolgono
e le afflizioni vengono coltivate a profondità abissali.
Questa forma d’arte ci lascia sporchi e sconfitti.
Nati dalla nostra mortalità,
il pennello non è mai passato sulla sanità mentale
con grande gentilezza.
Perduti, impazziamo in una mente menomata
e grattiamo la superficie.
I colori ci sono negati.
Senza gamma cromatica, qui siamo ciechi.
Mondi desolati e sofferenti mi chiamano.
Paure innumerevoli sono perse dentro di me.
Siamo intrappolati nel centro del nostro santuario.
Dimmi! Qual è lo scopo?
Siamo smarriti in mezze vite un tempo vissute,
tra ricordi che sbiadiscono e momenti che non sono mai esistiti.
Per sua natura questo buco infernale durerà.
L’abbiamo nutrito troppo a lungo
e ora ci sta marcendo dentro.
Questa parte di me non è me,
eppure senza di essa cesserei di esistere.
L’incubo si consuma.
Vari futuri si dispiegano.
Come potremmo riposare con tutte queste storie mai narrate?
Potremmo essere semplici umani, per quel che abbiamo visto,
ma oltre questi involucri vivono mondi nel mezzo.
Guardi dalle ombre, come faccio io?
Un estraneo mi restituisce lo sguardo da regni lontani.
Ha un colore totalmente differente
ed è circondato da tempeste dai toni malinconici.
Io invece sono prigioniero di un’aura di note disarmoniche
e le sento spegnersi nel vento incandescente.
Mani mi carezzano e scolpiscono un vuoto riecheggiante
di bisbigli familiari e gorgoglii beffardi.
Imitano le voci sconosciute che emergono dal cuore.
E’ come un contrappeso fatto di carne,
dove il tempo sfugge e penetra
in un purgatorio di significati e strutture.
Per sempre saremo perduti, sia dentro che fuori,
attraverso il nulla e il niente.
Imbrigliato nella follia,
avrei giurato che fosse la mia fine,
ma le ceneri sono mutate in gloria per sopravvivere oltre il mio tempo.
Ho lottato per arrivare alla perfezione.
Ho acceso le stelle stesse, ma non è stato sufficiente
e per sempre resterò insoddisfatto.
Arranco lungo il sentiero, un passo straziante dopo l’altro.
La conoscenza mi aspetta. Il vuoto è concreto.
Nessuna vista. Nessuna sensazione.
Nessuna emozione. Non più.
Il momento culminante è vicino.
Aver sepolto sottoterra tutto ciò che avrebbe dovuto essere
è la colpa di una mancata creazione.
Estenuante è la ricerca del capolavoro
ed è sempre appena fuori portata.
Tristi statue gemono. Le loro orbite vuote giudicano.
“Padre! Perché ci hai negato gli occhi?”
Il passato è soltanto un velo che svanisce.
Ora muoviamoci e avanziamo tra queste sale con passo sicuro!
Le visioni mi hanno accecato
e non ho più bisogno di occhi.
Sono io colui che sogna la strada.
L’enigma alla fine di tutto.
Uno zaffiro crudele, luminoso ed enorme.
Quando mi allungo per toccarlo, va in frantumi
e quando lo faccio, rinasco e mi avvicino alla mia caducità.

AS ALL MUST COME TO PASS – QUANDO TUTTO DEVE MORIRE

Il tempo è come una bestia recalcitrante a rallentare.
Siamo schiavi della sua persecuzione e della sua struttura infrangibile
e siamo poca cosa.
Sono nulle le probabilità di poter essere testimoni,
in quanto mortali, della creazione degli dèi.
Non ho mai previsto cosa mi sarebbe successo
e cosa ancora vive nei miei sogni.
Mi bisbiglia da un vuoto irrequieto
e dormo con gli occhi spalancati.
La profonda e assopita domanda alza la testa ancora una volta.
La realtà soffoca i sogni?
Oppure è un regno di illusioni a dominare sovrano?
Ho guardato troppo lontano oltre il velo
e ho scrutato dentro la sua anima
e nel momento in cui mi ha risposto,
mi sono sentito completo.
Sono stato testimone della memoria e del sacrificio
e mi sono messo alla ricerca di vie ancora nascoste.
Tra le ombre del grande ignoto
il nostro patto disperato è stato stretto.
Tutto deve morire.
Il tempo è mio nemico e mi chiedo:
vale la pena di rimanere invischiati in questo groviglio di sogni?
Il grande labirinto dello Stige vive ancora
e lo attraversiamo soltanto da morti.
Dal più piccolo dei vermi all’entità cosmica
sono la fine e il principio di tutto.
Avvolti nello splendore, dal più irrilevante al più grande,
è nel vuoto che troviamo il nostro compimento.
Dalla nascita alla morte siamo come un tessuto,
di cui ci affanniamo a capirne la trama.
Un’essenza si diffonde da ogni sorgente
e trascende il concetto umano.
Persi nella meraviglia e nello splendore di ogni cosa
che ci scivola tra le dita,
muraglie che portano alle nostre necessità ci fiancheggiano
e ci modellano nella nostra esistenza.
Tra filamenti di futuro una fibra viene tessuta nel mezzo,
sempre elusiva e mai visibile,
ma certi stolti presumono di vedere i nodi
di questo caos in continuo movimento.
Perse nella tempesta di questa follia di sentieri non segnati,
possibilità multiple scorrono oltre ogni comprensione.
In un luogo sconosciuto, ma familiare
e nella morte di un volo pindarico
ho osservato il destino di ogni cosa.
Di tutto ciò che è per come è diventato
e della nostra crudele razza.
Fin dalla nascita del tempo abbiamo vagato
e dimorato in primordiali profondità.
Ci siamo avventurati in abissi di mondi,
attraverso le ombre del grande ignoto.
E per quanto il tempo sia astratto, abbiamo vagabondato
e cercato conforto nei cambiamenti delle maree.
Semplici intrecci nell’immenso arazzo.
Messaggeri dannati di un’eredità perduta.

THE SHADOW OF THE HEART – L’OMBRA DEL CUORE

La vita è una tela dispiegata
perché tutti la possano ammirare.
L’uomo è uno specchio
caratterizzato da un lucchetto e da una chiave.
Porte dicotomiche conducono a strade latenti,
dove ogni sentiero è diviso in due
e su cui vagheremo fino alla morte.
Il tempo ci confonde e ci inganna.
La consapevolezza taglia come una lama.
La duplice maledizione dei doni che condividiamo
presto si perderà nei nostri giorni inutili.
Che i sensi attingano il sangue!
Che affondino nel suo flusso!
E’ una tempesta di faticosi e freddi rimorsi
e la pittura della vita fuoriesce dalle nostre vene.
Attraverso le porte che abbiamo superato
la nostra ombra ci seguirà.
Abbraccia la battaglia!
Impara a crescere con la tua sofferenza!
La speranza si trova nel conforto di un sogno morente
e gli animali messi all’angolo lottano più risoluti degli altri.
Forse la luce non splende più intensamente
nel cuore della notte?
Un tempo le nostre anime si muovevano leggere
e camminavano in punta di piedi nel mondo.
Il mondo infligge lievi dolori,
ma non per noi.
Schiavi di un’infelice natura.
Bambole di pezza per i nostri cuori.
Assaporiamo questo peso come stolti,
mentre le ombre ci distruggono la mente.
Abbiamo dato forma al nostro patimento
e ne siamo diventati la forgia.
L’inferno che ci consuma
una volta bruciava con fiamme pazienti,
ma l’amarezza ci ha soffocato
e la pietra si frantuma tutta nello stesso modo.
L’anima dello scultore, anche se fatta di marmo,
si è volatilizzata nell’ombra del cuore.

NO CHILD OF MAN COULD FOLLOW – NESSUN FIGLIO DELL’UOMO POTRA’ SEGUIRE

Nel mio cuore c’è voglia di viaggiare.
Il sangue è irrequieto. Le vene focose.
Quando il cupo spettro del mio passato
è venuto a perseguitarmi,
facendomi fremere nel dubbio,
ho potuto raramente mantenere la mia posizione.
Ho cercato di capire i segni quando un corvo è caduto
e ha giudicato la mia anima con sguardo glaciale.
Sono età di saggezza. Età di sguardi oscuri.
Un’anima giace spoglia in questa fossa,
privata di desideri e di fantasia.
Dell’aspirazione umana.
E’ tutto oro finto. Falsa gloria.
Si gode il suo sogno mai raccontato,
in cui importanti sentieri si snodano.
Ciò che un tempo ci era caro si è rivelato insignificante
e le nostre necessità sono lungi dall’essere soddisfatte.
Incontrami sulla strada tortuosa,
dove soltanto i disperati camminano!
Osserva in me una triplice immagine!
Essi hanno dato forma allo svolgimento di ogni cosa.
Nei giorni del passato ho desiderato la libertà,
ma ora devo declinare il dolce invito della morte.
Le nostre strade si sono incrociate troppo presto
e una parte di me è rimasta laggiù.
Sono stato condannato alla comprensione
ed è un sentiero di rovi e agonia.
Trafitto da un silenzio angosciante e da un’opprimente afflizione,
in una vita fuori dal tempo e dallo spazio,
mi ha parlato senza usare parole:
“Sono qui per darti un consiglio, ma nessuna consolazione”.
E i mondi che conoscevo sono crollati in macerie e ceneri.
Pianeti morti e stelle spente fin dove lo sguardo poteva arrivare.
Questo ha riempito la mia anima di estasi
e l’ha avvicinata a una gioia inumana?
Ha distrutto tutto ciò che era così lontano,
sin dal primo momento in cui ho aperto gli occhi?
Poi, in quel lutto, si è pronunciato,
come il gemito sconvolgente di uno spirito piangente.
Mi sono ritrovato rinchiuso in un universo interiore,
annunciato in una lingua sconosciuta.
Eppure il mio cuore comprendeva ogni velenosa parola.
Questo ha frantumato l’incudine del mio spirito?
Ogni incrocio di strada è stato percorso,
senza meta, dove le anime perdute si autocommiserano.
Lungo sentieri dove trovare le mie risposte
e nessun figlio d’uomo potrebbe seguirmi.
Tempeste cosmiche hanno spazzato via tutto ciò che ero
alla fine della mia esistenza.
Dentro di me ho affrontato l’orrore,
sebbene non sia mai indietreggiato,
perché in questi eoni spaventosi la mia essenza si è ricreata.
Un flusso di saggezza ha accecato la mia rètina vergine.
Testimone della dannazione.
Pastore della fine.
La mia disperazione è vuota e annuncia la rinascita.
“Allora ricostruisci in luoghi dove esiste soltanto il pensiero!
Gli altri assaggeranno solo cenere nella fornace della tua volontà”.
Una fragorosa e inevitabile caduta,
come un vaso riempito di disperazione senza scopo.
Un caro ricordo di un tempo in cui vivevo di più.
La semplice ombra di ciò che c’era.
Una scena fissa. Un passato confuso.
Ciò che poteva essere, ma che non poteva durare.
Né qui, né altrove, ma intrappolato nel mezzo.
Sono ancora prigioniero negli occhi del corvo.
E’ stato il battere di quelle ali fruscianti
a infrangere la mia grandiosa visione.
Un silenzio assordante mi ha perforato,
come fosse una tempesta di chiodi.
Senza vita. Ferito e spezzato.
E’ la bellezza della mia stessa morte.
Sono collassato su me stesso
e sono precipitato nel centro dell’abisso.
Sono andato alla deriva, perso in un vuoto senza tempo
e condannato eternamente a guardare
il riflesso del cammino che si sviluppa.
Quando ho urlato e pianto!
Quanto ho sorriso e gridato!
Ho vissuto e sono morto.
Riempito di vuoto e perfetto,
sarò una creatura totalmente appagata.

JOURNEY THROUGH THE FOG – VIAGGIO NELLA NEBBIA

La fiamma si è spenta. Ardono le ceneri.
Un tremolio di luce sbiadisce nel mio sguardo,
seguito dal grido della vita.
Le ombre gettate dal fuoco che si smorza
fanno la guardia nell’ora del crepuscolo.
Creature si annidano nel profondo del buio,
in attesa di un fioco bagliore.
Quest’assenza di speranza. La nebbia senza fine.
Da quando respiro mi appartengono.
Supplico che il vento porti un bisbiglio alla mia razza perduta,
ma le loro ombre tra i rami sono soltanto un’illusione.
E’ così distante il richiamo dei sogni dimenticati.
Quanto bramano e implorano di essere liberati!
Non posso che rimanere immobile,
mentre essi si sbriciolano sotto la ruota del destino.
Come un nomade in una terra desolata, viaggio nella nebbia
e dove ho posato i piedi, le paludi erano più profonde.
Dove il vento cantava la sua canzone
ho attraversato distese di neve.
E’ un viaggio del cuore,
ma nessun sentiero mi può condurre dove sto andando.
Sono un viaggiatore avvizzito
e le mie mete sono imprevedibili.
Mi sono perso in antiche foreste, cristallizzate dallo spirito.
Se il mio peso poteva essere un onore,
ora è diventato una tragedia.
In questa fortezza della mente
sono stato perseguitato per tutta la vita.
Oltre la grande breccia dorata,
il debole passo avanza con passione
e se questi si attutisce, l’anima si divide
e si perde per sempre dove la luce muore.
Il mio sguardo è costantemente fisso sull’orizzonte
e procedo con accanimento, accecato dalla foschia.
E’ quasi l’alba o sta per imbrunire?
Non lo saprò mai, perché l’oscurità che mi circonda
è un ricordo di me stesso.
La nebbia avviluppa le rovine
e il loro scopo è perduto nel tempo,
tra statue solitarie dallo sguardo vuoto.
Fin quando troverò una ragione per sopportare questo mondo?
Vedo soltanto i cadaveri di chi si è già perso.
Il debole passo alla fine langue.
Una figura pallida e senza forma emerge dalle ombre
e mi bisbiglia nella testa.
“E’ venuto il tempo di lasciare il tuo corpo”.
Oh fiamma della vita! Madre del rimpianto!
Abbi pietà di questo miserabile caduto!
Dammi la forza di passare oltre
e di raggiungere le sale dove mi hanno condotto i corvi!
Il mio corpo è troppo freddo per muoversi ancora,
preso in un ultimo spasmo di ribellione.
I miei piedi continuano decisi sulla neve,
ma il morso del gelo è venuto a riscuotere il tributo finale.
Sollevo le braccia verso il cielo
ed emetto il mio ultimo e disperato grido.
Sto implorando al cielo misericordia.
Il mio cuore congela lentamente.
Abbraccio la tempesta e mentre muoio
vedo il velo che si dissolve nel sole.

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