Etemen Ænka (Spiegazione)

“Etemen Ænka” è il secondo album dei Dvne e seguito del loro debutto “Asheran”.
Anche dal punto di vista del concept e dei testi i due album sono consequenziali.
Nel primo si narrava dell’esodo forzato della popolazione degli Asheran,
che avevano abbandonato il loro pianeta e si erano avventurati nello spazio su rotte interstellari.
Erano poi tornati e, rivendicando la loro terra,
avevano cominciato una guerra con la popolazione che nel frattempo l’aveva abitata.
Il secondo album inizia dove si era concluso il precedente
e descrive i rapporti tra le due popolazioni in modo molto più dettagliato.
Mentre gli Asheran viaggiatori hanno via via implementato la loro tecnologia,
la parte di popolazione rimasta se ne è distanziata, considerandola negativamente
e ha improntato la propria esistenza sulla religione e il culto degli déi.
Al loro ritorno quindi gli Asheran viaggiatori, molto più potenti dei loro vecchi fratelli,
vengono visti come veri e propri oppressori.

ENÛMA ELIŠ: è il nome del mito della creazione babilonese e significa “Quando in alto”.
Parla delle origini di Apsu e Tiamat, le divinità primordiali;
della creazione degli dèi e dell’uccisione di Apsu; della nascita di Marduk (il dio supremo di Babilonia);
dell’uccisione di Tiamat e della creazione del cielo scaturito dal suo corpo;
della creazione del genere umano, schiavo degli déi. Il mito della creazione non viene celebrato
direttamente in questa canzone, ma l’incontro/scontro tra le due società affonda in esso le proprie radici.
Gli “oppressi” o “disadorni” sono coloro che rimasero sul pianeta
e che non indossano “le nere cappe d’acciaio”.
Gli Asheran viaggiatori posseggono la tecnologia, “il sapere”, ma sono molto distanti dal “credo”.
I primi inoltre si servono dei “Tindalos”, creature immaginarie create per la prima volta
dallo scrittore F. B. Long e utilizzati da Lovecraft nei “Miti di Cthulu”,
qui reinventati come temibili segugi metà cani e metà macchine.
Come vengano visti dagli “oppressi” è anche chiaro nelle ultime righe: paragonati al vento Lodos,
vento mediterraneo che spesso provoca burrasche, sono considerati simili a una tempesta
che al cambiare del vento potrebbero far ritorno sul pianeta, come in effetti è avvenuto.

TOWERS: dopo aver sconfitto e sottomesso gli indigeni e distrutto le loro città, gli Asheran prendono il
potere e ricominciano a costruire grandiosi palazzi e torri, così alti da arrivare fino al cielo.
Se da un lato gli oppressi faticano per loro, ammassando pietra dopo pietra,
gli Asheran proiettano il loro desiderio di ripartire in un nuovo viaggio verso le stelle,
sospinti dalla loro forza e dalla loro arroganza.
E’ ancora vivo il parallelismo con la civiltà babilonese: le Ziggurat
ad esempio erano proprio gli edifici religiosi diffusi in Mesopotamia.

COURT OF THE MATRIACH: continua l’inno alla gloria del popolo viaggiatore degli Asheran.
La loro città viene paragonata a Suraya, un nome arabo che indica le Pleiadi,
stelle facenti parte della costellazione del Toro.
E continuano i parallelismi con la civiltà babilonese: Etemenae era ad esempio
la ziggurat dedicata a Marduk, il dio e patrono principale di Babilonia.
Nella canzone vengono inoltre descritti alcuni elementi chiave della loro società:
la Matriarca, loro signora; i paladini celesti o Ezos Liniari,
una sorta di guardia reale che la protegge.

WEIGHING OF THE HEART: i versi che compongono la canzone riportano al punto di vista religioso degli
oppressi, costretti a vivere nelle zone più squallide della città, ai piedi delle sfarzose costruzioni che loro
stessi hanno costruito per gli oppressori. Yumathir è il nome del loro capo spirituale, la loro guida.
Yumathir siede ai confini della terra dei morti (Yumatatene).
Iniziano i riferimenti al culto dell’oltretomba egizio: Anubi, il dio che pesa il cuore dei morti
per inviarli nella Du’at, il regno dei morti o da Ammit, una creatura mostruosa che li divora;
Osiride, dio dei morti. Entrambi amano Yumathir poiché lo ritengono sublime e così Ammit.
Yumathir ascende come grande e capo del popolo.

OMEGA SEVERER: anche se il loro capo spirituale è morto, è risultato comunque gradito agli déi e dopo
l’ascesa trascende. I Sigma, diciottesima lettera dell’alfabeto greco,
con cui viene probabilmente indicata la casta del popolo religioso, “i Diciotto”,
sono stati relegati dagli oppressori all’ultima posizione dell’alfabeto, l’Omega.
Ma a questo punto avviene la presa di coscienza della loro condizione: gli ultimi saranno i primi,
i deboli sono i forti. La loro condizione di sudditanza è ora vista come un merito,
“un nuovo paradigma divino”, in contrapposizione al mondo falso e violento degli Asheran,
popolo tecnologico, ma senza dio. Il nome che prendono gli oppressi è quindi Shudra,
(che è anche la quarta casta indiana, i servi) e la loro condizione di “ultimi”
è così riconsiderata divinamente positiva.

SI’ XIV: gli Shudra descrivono come gli Asheran hanno reso il loro mondo e cosa rappresentano.
Oligarchi che detengono il potere grazie alla tecnologia e che schiavizzano il popolo per i loro interessi,
incuranti delle sue sofferenze. La cornucopia, simbolo di fertilità e abbondanza, è un vaso vuoto.
Ma non solo la tecnologia permette ai potenti di detenere il dominio.
Tende anche a stordire mentalmente il popolo,
rendendolo quindi docile grazie a paradisi artificiali, in modo che non si ribelli all’oppressione.
L’unica e vera realtà che, attraverso la distrazione e l’ottundimento cybernetico,
resta celata dietro le apparenze artificiose.

MLECCHA: allo stato delle cose i Shudra trovano una soluzione.
Una volta risvegliato dall’illusione il popolo dovrà staccarsi dalla tecnologia
e ritornare a una vita più vera in mezzo alla natura.

ASPHODEL: nella cultura greca antica il fiore di asfodelo è una pianta che veniva associata agli inferi.
La canzone è un messaggio, un’eredità, da tramandare di generazione in generazione
per evitare gli errori commessi nel passato. La tempesta,
ancora una volta associata agli Asheran, è rappresentata dalle civiltà
che si meccanizzano e informatizzano a discapito della natura.

SATUYA: viene qui descritta una visione apocalittica, prefigurando che cosa accadrà
se si insisterà nel perseguire la via sbagliata.

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