Whoracle

JOTUN – JOTUN*

Spesso sogno edifici immensi e freddi.
Architetture sinistre e di un nero intenso,
erette quando nessuno guardava.
La loro apparizione è stata così improvvisa
che in pochi se ne sono accorti.
Quando mi sveglio
immagino di rimanere schiacciato sotto uno di essi.
Immagino il suo peso e il suo silenzio
e l’assenza di scuse per questa vita distruttiva.
Il privilegio di ventidue chilometri di lapidi.
Jotun.
Una superficie nera che non riflette nulla
e che va a schiantare le sue stesse stanze.
Uova irreali di disfacimento.
Prolifererebbero intere colonie di funghi disseminati,
irrimediabilmente decontestualizzate.
Una crescita di spore che emerge da un mondo morente
per contaminare e spazzare via tutto ciò che resta.
Un sole bianco. Un deserto di pietre polverizzate
e sinuose bocche di serpente.
Le piramidi ne sarebbero sbiancate.
Si riscriverebbero 4500 anni di storia,
violentando la Statua della libertà
e annientando l’Acropoli.
Capovolgendo i fiordi e invadendo l’orizzonte di New York
nel sognare la sua esistenza attraverso
una singola, ultima parola: Jotun.
Riusciremo a identificarli
come la selce sepolta nel nostro cranio da rettile
o come la bomba a orologeria codificata nel nostro DNA?

Note: *(Creature della mitologia norvegese, spesso gigantesche)

FOOD FOR THE GODS – CIBO DEGLI DEI

La vergogna sposa la colpa.
S’introduce al concetto di totale solitudine
e le sensazioni represse stringono rapporti col suicidio.
Alla fine le sanguisughe cominciano a prosciugare
il desiderio di vivere.
Di conseguenza la fuga conduce a un mondo sconosciuto,
fuori controllo per tutti,
dove i confini sono inesistenti
e cellule designate, ghiandole e trasmettitori,
potenzialmente infiniti,
scatenano nel corpo la gioia.
I piedi astrali si affrettano in una dimensione rivestita d’oro,
su scale di luminoso ectoplasma.
Zaffiro, onice e vivaci vibrazioni
sono il banchetto dell’uomo morto.
Il cibo degli dèi.
Esiste soltanto un mondo reale.
Il nostro è semplicemente un’ombra.
Riallacciate le radici sanguinanti alla nave celeste di vetro
e lasciate che vada alla deriva con la sua passiva alterigia,
in un dialogo di un’unica parola con le stelle!

GYROSCOPE – GIROSCOPIO*

La geologia scava nel mio cervello.
Una manta inghiotte il mondo, per poi risputarlo
a beneficio di una corporazione con la spada sollevata.
Un nuovo lupo, ma più vecchio del Lupus stesso,
ha collegato il proprio pelo al giroscopio del tempo
in una collezione di fallimenti.
La diabolica sequenza degli affondi
è incisa astutamente nella pietra
e dal covo fossilizzato dei ladri viene rapita la nostra vita.
Vedo la madre, balia di tutti,
vomitare fuori una fila di formiche.
La sua bocca è ricettacolo della prima speranza partorita
e il suo seno è gonfio di una ribellione colma di fumo.
L’apatia è rivestita di violenza.
Bianche zampe d’insetto maledicono
le sue labbra e la sua bocca,
ricettiva soltanto al dolore.

Note: *(Struttura fisica che ruota attorno al proprio asse per inerzia)

THE HIVE – L’ALVEARE

Aprile. Notte.
Ci muoviamo come fanno i muscoli
nelle oziose giunture umane.
Ponti di sangue ci conducono verso le sinapsi spalancate
per disinnescare le stelle dentro di noi.
Un calabrone. L’alveare è buio.
Le ali danneggiate battono inutilmente.
Ronziamo lontani da questo inferno di fauci
per disinnescare le stelle dentro di noi.
A quest’ora dovremmo essere molto di più
di quello che siamo,
ma morti interiormente fatichiamo a riconoscere
persino il senso di colpa.
Ci affievoliamo. Il ronzio è più sordo.
Un’aura di spine ci defluisce in gola
in strati d’argento tagliente
per disinnescare le stelle dentro di noi.

JESTER SCRIPT TRANSFIGURED – IL COPIONE DEL GIULLARE TRASFIGURATO

Eoni di un era cretacea.
Nuovi inizi sviluppatisi in un vuoto infinito.
Test biotronici su mondi privi di iscrizioni e di echi degli uomini.
Nobili e selvaggi cyborg.
Nel gelo la perfezione è cerimoniale,
più radiosa della somma dei soli.
Ognuno è provvisto di attributi
propri degli animali, delle macchine e dell’uomo.
Distopia. Cuori elettrici.
Il grottesco e la linearità.
Viene immesso un ultimo ed enorme soffio
nella memoria che ci rappresenta.
Installazione.
Attesa che venga ripristinato il caos senza sequenza.
Abbiamo visto soltanto i contorni del principio
e questo nucleo, un rapace dalle movenze lente,
renderà celestiale a confronto
la precisa nozione di “inferno”.

MORPHING INTO PRIMAL – TRASFORMAZIONE PRIMORDIALE

Detonazioni.
Fuochi d’artificio e alchimie.
Geni sezionati e sollecitati verso il futuro
e la sua caverna organica.
Un’onnipotenza da orgasmo sismico.
Scene di magma davanti ai miei occhi.
Eruzioni che devastano il mio sistema.
Consegno tutto questo all’animale che ho dentro
e alla rigidità che tiene bloccata fuori la luce del sole.
Trasformazione primordiale.
Ricoprirò ogni singola particella
da qui fino ad Andromeda,
senza dimenticare neanche un’ubicazione
tra la gola di Ibis e le coordinate di Matterhorn.
Le mie possibilità sono genesi e catarsi,
come un astronauta che penetra nella cosmologia dei desideri.
Risucchierò fuori questa creatura ipogea*
e la mostrerò con orgoglio alla casa del Cielo.
Con un lieve gesto della mano dissolverò le stelle.
Si disgregherà il mio cervello.
Bloccherà i miei polmoni.
Morirò in un febbrile domani
quando verrò rinchiuso in un perfetto “ora”.

Note: *(Sotterranea)

WORLDS WITHIN THE MARGIN – MONDI ENTRO IL MARGINE

Una goccia di pioggia colpisce la foglia
e lievemente cambia la sua posizione sulla strada
accanto a pozze d’acqua stagnante.
Egli cammina.
Fa scivolare i piedi a casaccio e poi cade.
Nello spazio tra il suo corpo e il terreno
comete sprigionano i loro nomi
e neuroni stellari mancano il tiro.
Tredici testimoni inghiottono il seme
e sputano dalla bocca milioni di rami.
I germogli si propagano in ogni direzione
da cui gli eventi si sviluppano.
Relazioni e incontri virali prendono fuoco ed esplodono.
Sul profilo delle ali di una farfalla
interi cicli dell’evoluzione vengono soffocati e si spengono.
Si riaccendono e si adagiano in un nirvana saturo di vuoto.
In mezzo ai miei occhi si librano vivaci frattali*
e danzano come frutto di una droga.
Labirinti di peyote** e uscite rimappate.
Un’occhiata frettolosa e milioni di vite a venire.
Non saranno più le stesse
poiché non ci sono mai state.
Nell’energia cinetica di un pugno in movimento
vive una macchina procreativa per un universo parallelo.
Dalle prime fluttuazioni della sostanza organica
è emersa una varietà di risposte alternative,
tutte differenti, multiple e ripartite.
Codificate nella colonna spinale di un trilobita
e registrate tra le zampe di una meganeura***,
le mappe della città suburbana
e il seme di una dittatura latente
segnano il loro passaggio nel tempo.

Note: *(Figure geometriche che ripetono la loro forma su scale diverse)
**(Cactus che produce effetti allucinogeni)
***(Libellula del periodo Carbonifero)

EPISODE 666 – EPISODIO 666

Benvenuti!
La ruota da criceti comincia a girare.
Allacciatevi le cinture!
Ricordate di non pensare troppo
e la vostra corsa sarà torpidamente piacevole.
Fregarsene è il metodo più facile,
ma per assicurarsi un passaggio fino al secondo piano
è necessario completare il primo livello.
Con le loro labbra dal sorriso spento accendono la TV,
mentre le lapidi urbane grattano la volta celeste
e s’innalzano sopra una città e un cielo di burattini.
Questo è l’episodio 666,
destinazione il caos
e sono tutti attori ciechi.

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